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Tevàh

2020

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Pioggia, flussi, ruscelli | Liquidi che scorrono nello spazio, creando interstizi e sospensioni | Procreazione | Nave, Porto | Ghiacciai | Liquidi e ancora liquidi | Il flusso si sospende per aprire un varco tra Noè e Noi, tra Noi e Noè | È Una catastrofe ambientale, arginata dall’istinto di sopravvivenza | Apnea| Apnea| Apnea| Respiro.

Una lingua di mare sempre in moto bagna Tevàh, luogo che si fa sponda visiva e acustica della riflessione che il compositore Denis Smalley mette in atto in Base Metal 2000, attraverso sonorità e colori che evocano una distesa liquida senza tempo e senza spazio, senza origine e senza fine. Tevàh crea un volet tra spazi che si rendono disponibili da una parte ad assumere nuovi significati, dall’altra ad una reinterpretazione di parole che risuonano nelle orecchie dei popoli da tremila anni. Il mito e la storia si scontrano e si incontrano con l’attualità: micro ritmi naturali attraverso la tecnologia possono essere prelevati, modificati e ripetuti, al fine di esplorare la materia sonora che si trasforma in movimenti scenici dai significati sospesi in un limbo. Questo luogo aleatorio non tenta di auto-arginare la propria incertezza, bensì fa della sospensione lo spazio dove i significati si alterano, espandendosi fino a perdere le proprie coordinate. Lì -dove nulla ha più la propria forma né il proprio contenuto semantico- viaggia, appeso e sospeso nella sua concretezza, un ramo spezzato, che si trova nella forma perifrastica dello “stare per”. Nello stesso frangente vaga una barca a cui vengono chiusi i porti e che si trova costretta di certo ad un futuro, ma che di certo non ha nulla. Tevàh è uno stato di attesa. L’attesa che precede ogni procreazione

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